Samia Henni, Psychocolonial Spaces – Act 1, view from the top of the one of the filmed workshops organized by Verena Rastner and Francesca Verga, recorded by Carmine Auricchio, conceived and moderated by Samia Henni, February 2025, Ar/Ge Kunst.
Mostra

Samia Henni. Psychocolonial Spaces – Act 1
OPENING: May 23, 2025, 7PM

24.05.2025—02.08.2025

A cura di Francesca Verga e Zasha Colah

Psychocolonial Spaces - Act 1 è un progetto artistico ideato e realizzato da Samia Henni per Ar/Ge Kunst a Bolzano tra il 24 maggio e il 2 agosto 2025. Il progetto indaga le relazioni tra confini, territori e spazi vissuti e l'analisi di Frantz Fanon sulla psicologia del colonialismo.

Come sostenuto nell'articolo di Henni del 2024, intitolato Su Frantz Fanon e il mondo manicheo e pubblicato su Mousse, l'opera dello psichiatra, filosofo politico e attivista anticoloniale Frantz Omar Fanon (1925-1961) ha svolto un ruolo essenziale nel trattare e teorizzare l'agonia psicologica e psichiatrica del colonialismo. Le teorie di Fanon sono rilevanti per l'ordine mondiale coloniale di oggi, soprattutto in relazione alle organizzazioni di Stati, proprietà e spazi e alla distribuzione di risorse e capitali. Uno dei punti cardine della pratica di Fanon è stato proprio il concentrarsi sul processo di decolonizzazione anche da un punto di vista psicologico.

Il progetto per Ar/Ge Kunst, Psychocolonial Spaces, è il primo di una serie di atti che si possono attivare in diverse città e luoghi. Il progetto parte proprio dall'analisi degli spazi invisibili e invisibilizzati della segregazione e dell'alienazione nel territorio di Bolzano e dintorni: tracce coloniali, monumenti e vie, luoghi che anche tutt’oggi hanno un loro riscontro nelle vite delle persone. Ma cosa viene in mente quando si pensa agli spazi “psico-coloniali”? In che modo ci toccano tuttora e in che modo le riconosciamo? In che modo il nostro corpo assorbe la violenza di questi spazi e in che modo la nostra educazione, provenienza e attitudine ci fa pensare a questi luoghi? Cosa emerge nel momento in cui ci si discosta da sistemi di pensiero e di organizzazione binari?

Parlare di spazi psico-coloniali a Bolzano può essere al contempo una “provocazione” e una sfida, perché nominarli ce li fa immaginare. Associando la parola “coloniale” alla parola “psico”, si attiva un collegamento personale e psicologico, che molto spesso dipende dall’esperienza soggettiva dell’essere nello spazio.

Nella fase preparatoria di Psychocolonial Spaces - Act 1, sono state coinvolte studentesse e studenti, professioniste e professionisti della provincia di Bolzano a ragionare su cosa percepiamo essere uno spazio “psico-coloniale” oggi; quali possono essere i gradi di oppressione o liberazione che il corpo subisce nello spazio e quali sono dunque questi spazi? Queste persone hanno contribuito nella costruzione del progetto finale, che potremmo definire filmico. Samia Henni ha costruito difatti un film “smontato” in piccole parti, allestendo il suo grado semantico nello (s)montaggio, e rimontando tutto in un’installazione che, tra audio, testi, disegni e video, è un percorso di regia.

Samia Henni (1980, DZ/CH) svolge la pratica di scrittrice, educatrice, storica, espone e scrive sugli ambienti costruiti, distrutti e immaginati e le loro relazioni con le pratiche della colonizzazione, delle guerre, e delle contaminazioni ambientali. La sua ricerca più recente è culminata nelle mostre Performing Colonial Toxicity (2023-; Amsterdam, Zurigo, Londra, Providence, Paris, Berlino, Ottawa), Housing Pharmacology (2020-21, Marseille, Paris), Discreet Violence: Architecture and the French War in Algeria (2017-2022; Zurigo, Rotterdam, Berlino, Johannesburg, Parigi, Praga, Ithaca, Philadelphia), nei libri Colonial Toxicity: Rehearsing French Radioactive Architecture and Landscape in the Sahara (EN, 2024, 2025; FR, 2025), e Architecture of Counterrevolution: The French Army in Northern Algeria (EN, 2017, 2022; FR, 2019); e nei volumi da lei curati Deserts Are Not Empty (EN, 2022, 2025; IT, 2024) e War Zones (2018).

Partecipanti: Alessio Giordano, Anastasia Routou, Andrea Di Michele, Angelika Burtscher, Annalisa Conti, Astrid Kofler, Beatrice Harb, Camilla Corti, Carmela Nevano, Claudia Gianella, David Calas, David Hofman, Elisa Piras, Elisabetta Rattalino, Filippo Contatore, Frida Carazzato, Gabriele Di Luca, Hannes Obermair, Hans Knapp, Yasmin Khalify, Katherina Longariva, Martin Hanni, Martina Drechsel, Marzia Bona, Monika Verdorfer, Raffaele Virgadaula, Renato Sette, Roberto Gigliotti, Valentina Cramerotti, e Verena Perwanger.

Questo progetto è reso possibile grazie al supporto di Swiss Arts Council Pro Helvetia.

Si ringraziano: Mayyasah Akour, Carmine Auricchio, Ivan Bocchio, Melinda Bieri, Roberto Bors, Carlo Calderan, Elisa Cappellari, Andrea Conca, Filippo Contatore, Fischli Fredi, Angelika Klammer, Waltraud Kofler-Engl, Ermira Kola, David Krawitz, Christa Ladurner, Ivana Milenkovic, Dora Musola, Bright Nnadi, Olsen Niels, Angelina Radaković, Sylvie Riant, Stefano Riba, Anita Rossi, Pascal Schwaighofer, Luigi Scolari, Daniel Sommer, Ipek Türeli, David Theodore, Paul Videsott, Margot Wittig e tutte le persone che hanno partecipato al workshop.