Philipp Messner
Mostre

LA PRODUZIONE DELLA COSTRUZIONE

30.03.2007—25.05.2007

Philipp Messner
A cura di Sabine Gamper

Philipp Messner (nato a Bolzano nel 1975, vive e lavora a Monaco) in occasione della sua mostra alla Galleria Museo ha realizzato una scultura di grande formato, capace di riempire l’intero spazio. Tale scultura è composta da numerosi elementi singoli e a seconda delle situazioni spaziali può essere assemblata dall’artista in una costruzione dotata di un peculiare carattere architettonico. I singoli corpi sono formati da un insieme di alluminio e materiale sintetico, che offre da un lato una copertura liscia come uno specchio, grazie alla quale le superfici interne della scultura si riflettono in se stesse, ottenendo così un effetto caleidoscopico.

All’osservatore si offre così un cangiante gioco di riflessi e raddoppiamenti che ne catturano costantemente l’occhio e lo mettono continuamente alla prova. I lavori di Messner sono concettuali, tematizzano la funzione della forma e della superficie e, grazie alla loro dimensione spaziale, includono la presenza fisica e corporea dell’osservatore. Gli oggetti di Messner si caratterizzano per un’elaborazione estremamente esatta e precisa delle superfici piatte, che sono assai sensibili; sono composti per lo più da materiali industriali che vengono assemblati secondo metodi industriali. Questi lavori fungono da specchi, che l’artista ci pone davanti agli occhi con lo scopo di dirigere verso noi stessi lo sguardo rivolto all’opera.

Da un punto di vista formale, Philipp Messner si richiama, con questa scultura, ad alcuni suoi lavori precedenti, nei quali si era confrontato con bandiere, ovvero con le forme simbolizzate di queste ultime – come è avvenuto per esempio nell’opera “Arsenale”, un’installazione presentata nel 2006 nel Kunstpavillon di Innsbruck, oppure nella performance “flash back”, presentata per la prima volta a Trento nell’ambito del Festival della Performance, nel 2006, oppure, ancora, nel film “Flash-Flag” (35 mm, 15’’, 2006), una pellicola nella quale le bandiere degli stati membri dell’ONU vengono riprodotte in bianco e nero vengono mostrate una dopo l’altra in una rapidissima successione, cosicché all’occhio non resta più tempo per percepire separatamente i singoli simboli. Questo film e il suo secondo film per cinema, “CYMK” (2006) verranno proiettati al Filmclub di Bolzano durante l’intera durata della mostra. Nella sua metodologia artistica Philipp Messner riduce, decostruisce, assembla, disloca e raccoglie. Cancella ciò che risulta inessenziale, riduce al minimo le forme visuali, seziona l’intero fino alle sue componenti infinitesime, e ricompone le varie parti in un intero virtuale, con lo scopo di creare un oggetto artistico che funge da campo di manovra all’interno del quale condurre un esperimento del tutto peculiare: un esperimento che consiste nel mettere alla prova la percezione dell’osservatore in relazione alla finzione della superficie. Partendo da simboli religiosi o politici e dalle loro proporzioni, Philipp Messner ha sviluppato per la sua costruzione nella Galleria Museo degli elementi singoli che fungono da corpi cavi e assumono forme geometriche come la stella, la mezzaluna, la croce, il rettangolo (nel caso delle superfici della bandiera). Grazie al passaggio da corpi cavi e superfici di collegamento, la percezione dell’osservatore oscilla tra la bidimensionalità e la tridimensionalità, il che permette di interrogare il senso dell’autenticità, della realtà e dell’immagine. Per ciò che concerne la strutturazione delle superfici, oppure la materialità, o il linguaggio delle forme, gli oggetti rimandano all’estetica della Minimal Art o a quella del costruttivismo. L’intenzione di Messner tuttavia non è quella di ricondurre la forma ai suoi inizi e di ripulirla da ogni contenuto superfluo, come tentavano di fare gli artisti nel periodo tra le due guerre o nell’immediato dopoguerra. Messner opera delle riduzioni per mettere a fuoco, nel modo più preciso possibile, la propria interrogazione del rapporto che lega forma e percezione. Nel lavoro artistico di Philipp Messner il tema centrale è la messa in questione della percezione umana, nello specifico viene interrogato l’insieme delle nostre aspettative nei confronti di ciò che vediamo. Si tratta di immagini e della loro funzione quali momenti fondatori dell’identità. Se Philipp Messner si confronta con forme simboliche o bandiere, non lo fa perché intende prendere una posizione politica, bensì perché la bandiera costituisce un esempio assai peculiare di visualizzazione di contenuti simbolici – e dunque è un esempio paradigmatico di un significato che dona forma a un simbolo dotato di un valore fondante. A cominciare dalle bandiere e andando avanti fino al linguaggio formale dell’architettura, o al design delle automobili o degli indumenti: tutto ciò, in quanto costituisce un insieme di artefatti, definisce il nostro spazio reale, e al tempo stesso produce degli “spazi psichici” latori di significati, i quali sono strettamente intrecciati al nostro modo di stare al mondo. Ogni percezione visiva crea nella nostra testa connessioni virtuali, si ancora al deposito mnestico che contiene le informazioni visive da noi immagazzinate, e nel contempo chiama in causa le nostre emozioni connesse a tali informazioni. In questo contesto si pone anche la domanda sul senso dell’appartenenza e della norma. Con il suo progetto “Casa in Val Gardena” (2003) Messner segue per l’appunto tale traccia, nel momento in cui mette in mostra la rappresentazione fittizia di una casa monofamiliare della Val Gardena, interrogando così il rapporto tra realtà e apparenza, ovvero l’apparizione del reale. Per Messner non è in questione l’oggetto in sé, piuttosto sono in questione l’oggetto in quanto latore di significati, il suo contesto, e la domanda circa il punto di osservazione, ovvero lo sguardo dell’osservatore. Alla luce dei suoi lavori Messner decostruisce le presunte verità, con lo scopo di svelare il “costrutto” della realtà. Con i suoi interventi ci sfida a mettere alla prova, a passare in rassegna, a riordinare la nostra percezione della realtà e il suo funzionamento, e in tal modo ci sfida a esaminare attentamente le nostre facoltà conoscitive e percettive. Le forme di Messner sono in tal senso dei ponti, dei luoghi d’incontro tra ciò che siamo e ciò che vediamo – ed è nello spazio intermedio tra i due che si gioca la costruzione dell’identità.