MARK BOULOS
A cura di Luigi Fassi
La prima mostra personale di Mark Boulos (Boston, USA 1975, vive e lavora ad Amsterdam) in un’istituzione italiana è incentrata sulla presentazione di tre lavori, All That Is Solid Melts into Air (2008), The Origin of the World (2009) e The Word was God (2006) e intende offrire una panoramica esauriente della più significativa produzione dell’artista svizzero-americano. Le opere di Boulos affrontano il complesso rapporto tra fondamentalismo religioso, ideologia e terrorismo e testimoniano la sua volontà di attivare una pratica artistica radicale, costruita mediante l’osservazione partecipante dell’artista all’interno di contesti sociali estremi e difficilmente accessibili. I film dell’artista sperimentano un uso socialmente critico del mezzo video in cui lo spettatore non è condotto verso una verità predefinita ma è accompagnato in un percorso processuale di analisi, di interpretazione e di evoluzione.
La prima parte della doppia videoproiezione All That Is Solid Melts into Air è girata in Nigeria, nel delta del fiume Niger, uno dei principali siti mondiali di estrazione del petrolio greggio, in cui è in atto un conflitto violento tra la popolazione locale e le compagnie petrolifere autorizzate dal governo del Paese. L’attività estrattiva non ha infatti prodotto alcuna ricaduta economica sul territorio, contribuendo piuttosto ad impoverire, mediante devastazioni e inquinamento, la fragile economia di autosussistenza degli indigeni. Boulos ha trascorso alcune settimane di convivenza con i membri del Movement for the Emancipation of the Niger Delta, semplici pescatori trasformatisi in guerriglieri per contrastare tale logica di sfruttamento neocoloniale delle risorse del sottosuolo. Il video segue da una prospettiva interna, accompagnandolo, il crescendo parossistico dei riti, delle manifestazioni e del senso di comunità condivisi dai membri del Movement For Emancipation, impegnati a restituire dignità a loro stessi e al proprio Paese. La seconda proiezione dell’opera ha luogo negli spazi della Chicago Mercantile Exchange, la borsa di Chicago, dove vengono negoziati i valori finanziari del petrolio. Girata nei primi giorni della crisi di credito internazionale, durante il collasso della banca americana Bear Sterns, questa parte mette in scena un altro tipo di ritualità, quello della frenesia speculativa degli operatori di Chicago, impegnati a trattare i valore economici del petrolio mediante gli strumenti finanziari dei futures. La doppia prospettiva di All That Is Solid Melts into Air, che prende il titolo da una citazione tratta dal Manifesto del Partito Comunista di Karl Marx, mostra così il medesimo bene materiale, il petrolio, in due fasi distinte del suo viaggio attraverso il sistema capitalistico globale, dall’estrazione iniziale nelle paludi nigeriane sino alla sua dissoluzione finanziaria negli indici telematici della borsa di Chicago.
The Word was God è un’opera concepita in due parti successive che affronta il problema di come rappresentare e tematizzare l’esperienza metafisica del numinoso muovendo dal dato della realtà materiale concreta. Nella prima metà del video Boulos presenta il ritratto di un anziano eremita che vive in una remota regione della Siria, uno dei primi insediamenti delle comunità cristiano-antiche, dove alcune migliaia di persone continuano tutt’oggi a parlare aramaico, la lingua della rivelazione utilizzata da Gesù Cristo. La seconda parte del lavoro è girata dall’artista nella Shiloh Pentecostal Church di Londra, una comunità di cristiani pentecostali di origine africana, dove la preghiera comunitaria assume forme sconcertanti di estasi mistica, in un crescendo di manifestazioni vocali espresse secondo codici linguistici sconosciuti ai preganti stessi e noti solo a Dio. I membri della comunità Pentecostale di Shiloh, spinti oltre sé stessi e oltre i confini della razionalità discorsiva mediante le preghiere “in lingua”, diventano per l’artista metafora e metonimia del rapporto uomo-Dio, rappresentazione del passaggio tra terreno e ultraterreno mediante la forza intuitiva del linguaggio.
Il problema della rappresentazione del sè, e del rapporto tra autenticità e finzione, è stato analizzato da Boulos in un lavoro successivo, The Origin of the World. In esso, una videocamera posta dietro a un doppio specchio genera un gioco di immagini e rimandi incrociati, in cui il volto dell’artista si riflette nella sua stessa pupilla, ripresa in primo piano dall’inquadratura. Ispirato all’opera di Gustave Courbet, alla cinematografia di Dziga Vertov e al pensiero di Jacques Lacan, The Origin of the World è un sofisticato esperimento attraverso i codici della psicanalisi, della finzione teatrale e dell’inganno narrativo.